Chi mi conosce sa bene che il mio cuore è da sempre è diviso a metà fra l’amore per l’insegnamento e quello per l’accoglienza alberghiera.
Ho iniziato la mia carriera nell’ospitalità nel 2010, al termine dei miei studi in traduzione. Il mio primo impiego è stato come addetta alle prenotazioni per una azienda di Venezia, la mia città, per passare poco dopo all’accoglienza in hotel, cimentandomi in vari ruoli. Prima receptionist, poi centralinista e infine concierge, ruolo che più di tutti ha lasciato in me un segno a livello professionale.
Nel corso degli anni ho avuto l’onore di lavorare in alcune fra le case più prestigiose di Venezia e d’Italia, entrando in contatto con professionisti straordinari da cui ho cercato di imparare il più possibile. Con me porto molto del loro bagaglio lavorativo, ma soprattutto umano.
Mentre muovevo i primi passi nel mondo dell’ospitalità, dedicavo il mio tempo “libero” alla formazione in inglese e spagnolo di docenti universitari e studenti che volevano migliorare il parlato o che necessitavano di supporto accademico.
Con il passare del tempo, mi accorsi che il lavoro in hotel mi permetteva di sviluppare molte soft skills che potevano essere applicate all’insegnamento delle lingue.
Pazienza, comprensione ed empatia sono solo alcuni degli elementi che accomunano questi due mondi, distanti solo in apparenza.
In entrambe queste vesti, è fondamentale mettersi in ascolto e, con una chiave speciale, aprire il proprio cuore all’altro, per comprendere ciò che desidera chi si affida a noi sia come ospite che come discente.
Partendo da questa considerazione, decisi di perfezionare il mio progetto proponendo un nuovo metodo di studio incentrato su ascolto ed emozioni. Non è un caso che per l’attuale logo di AV abbia scelto una chiave: essa ben rappresenta sia la professione di concierge a me tanto cara, che lo strumento che provo ad utilizzare ogni giorno per aprire il mio cuore e arrivare anche a quello dei miei studenti.
Solo così possiamo infatti compiere un vero atto d’amore e donare una parte di noi al nostro interlocutore, sia esso un ospite o un discente, che sceglie di mettersi nelle nostre mani.
Aprire il cuore, mettersi in ascolto e individuare le necessità di chi abbiamo davanti sono gli step che ci aiuteranno a fornire un servizio di qualità e creare percorsi ed esperienze personalizzate che portano alla costruzione di un legame solido basato sulla fiducia.
C’è un termine che amo utilizzare sia per parlare di ospitalità che di insegnamento, si tratta della parola “accogliere”.
Sì, perché “accogliere” significa aprirsi, donare all’altro le nostre migliori intenzioni ed emozioni, mettersi in ascolto con lo scopo di trovare gioia nel dare (tempo, dedizione, passione, conoscenza e impegno) per ricevere (conferme, entusiasmo, fiducia).
La vita ci mette di fronte a varie prove e circostanze, e in più occasioni mi sono trovata a riflettere se fosse il caso di privilegiare il lavoro come professionista dell’accoglienza rispetto a quello di language coach. O viceversa.
Tuttavia oggi, a distanza di anni, sono felice di aver trovato un equilibrio fra queste due professioni, da cui ogni giorno riesco a imparare qualcosa di nuovo ogni giorno. Saper di non dover rinunciare a ciò che amo mi rende libera, allarga i miei orizzonti e mi dona l’energia per continuare a dare per ricevere!
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